Averoigne (Challenge, primavera
1951)
In Averoigne
the enchantress weaves
Weird spells that call a changeling sun,
Or hale the moon of Hecate
Down to the ivy-hooded towers.
At evening, from her nightshade bowers,
The bidden vipers creep, to be
The envoys of her malison;
And philtres drained from tomb-fat leaves
Drip through her silver sieves.
In Averoigne
swart phantoms flown
From pestilent moat and stagnant lake
Glide through the garish festival
In torch-lit cities far from time.
Whether for death or birth, the chime
Of changeless bells equivocal
Clangs forth, while carven satyrs make
With mouths of sullen, sombre stone
Unending silent moan.
In Averoigne abides the mage.
So deep the silence of his cell,
Life hears the termless monarchies
That walk with thunder-echoing shoon
In iron castles past the moon—
Fast-moated with eternities;
And hears the shrewish laughters swell
Of Norns that plot the impested age
And wars that suns shall wage.
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In Averoigne
the lamia sings
To lyres restored from tombs antique,
And lets her coiling tresses fall
Before a necromantic glass.
She sees her vein-drawn lovers pass,
Faintly they cry to her, and all
The bale they find, the bliss they seek,
Is echoed in the tarnished strings
That tell archaic things.
Averoigne (Averoigne) Tranduzione di
Alberto Dalla Fontana
Ad Averoigne, l'incantatrice tesse
arcane formule magiche che invitano un
sole alieno,
o che trascinano giù la luna di Ecate
verso le torri incappucciate di edera.
La
sera, dalle loro buie tane,
le vipere strisciano obbedienti, per
essere
i messaggeri della sua maledizione;
e i filtri, sgorgati da foglie
ingrassate sulle tombe,
colano attraverso i suoi setacci
d'argento.
Ad Averoigne, bruni fantasmi emersi
da fossi pestilenziali e da laghi
stagnanti
scivolano tra la festa sfarzosa
entro città fuori dal tempo illuminate
da torce di fuoco.
Per la morte come per la nascita, il
fragore
di campane immutabili ambiguo
continua, mentre satiri scolpiti
emettono
dalle bocche di pietra oscura e maligna
un gemito silenzioso e senza fine.
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Ad
Averoigne attende il mago.
Cosi profondo è il silenzio nella sua
cella,
conosce le monarchie infinite
che camminano col tuono, echeggiante
nei castelli di ferro oltre la luna,
rapidamente circondate dall'eternità
e ascolta gonfiarsi le risa bisbetiche
degli Dei che progettano l'era maledetta
e le guerre che i soli dovranno
iniziare.
Ad Averoigne la
strega canta
accompagnata da lire recuperate da
antiche tombe,
e lascia cadere le sue trecce
attorcigliate
davanti a un vetro negromantico.
Ella vede passare i suoi amanti
nel sangue estratto dalla vena,
debolmente essi piangono verso di lei, e
tutto
il dolore che trovano, la beatitudine
che cercano,
è riverberato nelle corde consunte
che narrano di antiche cose.
Averoigne (manoscritto)
In Averiogne the enchantress weaves
Weird spells that cast a changeling sun,
From the sepulchral regions dark,
To abide on ivy blackened towers
Whose fungi mottled castles have
Time’s phantoms for their seneschal.
There are the tyrannous monarchies
That walk with thunder-echoing shoon
In iron castles past the moon—
Close moated with eternities
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Where the
cathedral satyrs make,
From mouths of sullen sombre stone,
Unending silent moan
Wherein is writ the secret of our dole
Of mortal woes immortalized by thee
And wisdom, through time's olden perfidy
Draws back to life from some Lethean
shoal.
AVEROIGNE (manoscritto
traduzione)
In Averiogne l’incantatrice tesse
Magie misteriose che mutano il sole,
Da regioni di oscurità sepolcrale,
Fino a sostare sull’edera di torri
annerite
Di castelli macchiati di funghi quali
Antichi Fantasmi per loro siniscalchi.
Ci sono tirannici monarchi
I cui passi tuoneggiano con calzature di
ferro
In castelli di ferro davanti alla Luna-
Stringe a fossato con eternità
Dove i satiri delle cattedrale creano,
Da bocche di umida pietra,
Un silenzioso infinito gemito
In cui è scritto il segreto del nostro
sussidio
Di mortali sciagure da te perpetuate
E la
saggezza, attraverso l’antica perfidia
Richiama alla vita obliati pericoli.
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